Dal 1° maggio 2016 nuove regole per determinare il valore in dogana
16/05/2016
A partire dal 1° maggio 2016, per determinare
il valore della merce importata e liquidare correttamente i dazi doganali,
occorre fare riferimento alle regole previste dal nuovo codice doganale
dell’Unione (Reg. UE 9 ottobre 2013, n. 952, in prosieguo c.d.u.), e dai
relativi regolamenti di attuazione (Reg. UE 28 luglio 2015, n. 2446; 24
novembre 2015, n. 2447 e 17 dicembre 2015, n. 341).
Poiché i dazi doganali sono di norma commisurati
al valore dei prodotti importati, approfondire la nuova disciplina di
riferimento assume estrema importanza, anche al fine di valutare
preventivamente le ricadute economiche degli acquisti internazionali di beni e
individuare le corrette strategie operative.
Secondo la nuova normativa, la base primaria
per il valore in dogana dei prodotti importati è rappresentata dal valore di
transazione, ossia dal prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci
quando sono vendute per l’esportazione verso il territorio doganale
dell’Unione, “eventualmente adeguato” (art. 70 c.d.u.). Tale ultimo inciso
merita di essere evidenziato, poiché mentre la previgente disciplina (Reg. CE
2913 del 1992, c.d. c.d.c.) consentiva di forfetizzare soltanto alcuni degli
elementi che compongono il valore doganale (es. commissioni e spese di
mediazione o altri pagamenti effettuati come condizione della vendita), dal 1°
maggio 2016 è possibile richiedere in dogana anche la forfetizzazione del
valore transazionale di base, ossia del prezzo corrisposto al venditore per
l’acquisto della merce. Tale agevolazione, come molte delle altre previste dal
nuovo codice, è condizionata dal possesso di alcuni dei requisiti previsti per
il rilascio della certificazione Aeo (operatore economico autorizzato), nonché
dal riscontro delle altre condizioni previste dal codice (art. 73 c.d.u.).
Il prezzo di vendita indicato nella fattura
di acquisto del bene non può, tuttavia, essere semplicemente trasposto nella
dichiarazione doganale, poiché se da un lato occorre sommarvi gli ulteriori
elementi previsti dalla legge, dall’altro vi sono anche voci di costo che, al
ricorrere di precise condizioni, non vanno computati nel valore di transazione.
Le novità più significative concernono le royalties (ossia i corrispettivi per
l’uso di diritti quali brevetti, modelli, progetti, know how, marchi
commerciali) relativi alle merci importate, giacché il c.d.u. prevede che il
loro importo integri il valore di transazione (nella misura in cui non siano
già stati inclusi nel prezzo effettivamente pagato o da pagare), se il
compratore, direttamente o indirettamente, è tenuto a pagarli come condizione
per la vendita delle merci. Ciò, in particolare, si verifica se a) il venditore
o una persona ad esso collegata chiede all’acquirente di effettuare tale
pagamento; b) il pagamento da parte dell’acquirente è effettuato per soddisfare
un obbligo del venditore, conformemente agli obblighi contrattuali; c) le merci
non possono essere vendute all’acquirente o da questo acquistate senza
versamento dei corrispettivi o dei diritti di licenza a un licenziante (art.
136, Reg. 2447/2015). Tali condizioni,
a differenza di quelle previste dal c.d.c., non sono cumulative, sicché è
sufficiente che ve ne sia una soltanto perché le royalties vadano
incluse nel valore doganale della merce. Inoltre, la condizione di cui alla
lettera c) potrebbe ampliare sensibilmente i casi in cui i diritti di licenza
sui beni immateriali e le royalties sono sottoposti a tassazione, poiché
non si tiene più conto né del venditore, né della circostanza che quest’ultimo
richieda il pagamento della royalty, ma soltanto del fatto che
l’acquirente, anteriormente o successivamente all’acquisto della merce, debba
pagare un corrispettivo al titolare del marchio.
Merita di essere
valorizzato, tuttavia, che il nuovo codice, ai fini della non inclusione di
taluni elementi nel valore doganale (es. spese di traporto o manutenzione dopo
l’ingresso nell’Ue) non richiede più che essi siano “distinti” dal prezzo
effettivamente pagato o da pagare, con la conseguenza che sarà sufficiente
dimostrare che tali pagamenti non rappresentano “condizione della vendita”
internazionale per escluderli dal valore in dogana.
Un altro importante fattore di cui occorre
tenere conto nei business plan aziendali è rappresentato dall’abrogazione del metodo del first sale price, il quale consentiva, nell’ipotesi di vendite a
catena della merce prima della sua importazione, di indicare in dogana, quale
valore dei beni, quello relativo ad una transazione
antecedente all’ultima, così riducendo la base imponibile sulla quale
calcolare i dazi doganali. Proprio al
fine di consentire una graduale applicazione delle nuove regole, in particolare
per quelle imprese che agendo nell’ambito della c.d. international supply
chain, ricorrevano a tale strumento per conseguire un legittimo risparmio
d’imposta, la first sale rule rimarrà in vigore per tutti gli operatori vincolati
da un contratto concluso prima del 18 gennaio 2016, mentre la definitiva
abrogazione è prevista per il 31 dicembre 2017 (art. 347, Reg. 2447/2015).
Avv. Sara Armella
Armella &
Associati, Studio legale