Pesatura container - Il sistema sanzionatorio
01/08/2016
Riprendendo il tema di grande
attualità dell’entrata in vigore il 1° luglio 2016 della normativa SOLAS sulla
pesatura dei containers, sembra opportuno porre l’attenzione sull’apparato
sanzionatorio volto a indurre gli operatori all’osservanza dei comportamenti
prescritti e, dunque, a dissuadere gli stessi dalla commissione di ogni
irregolarità.
La circolare n. 125/2016 del
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Comando generale del Corpo
delle Capitanerie di porto ha delineato alla lettera D l’apparato sanzionatorio
in relazione agli obblighi stabiliti dalla normativa: pesare i container in
export, documentarne la pesa certificata e comunicarne i relativi dati alla shipping company.
In particolare, la
regolamentazione nazionale prevede che “Salvo
che il fatto non costituisca specifico o più grave reato, ogni riscontrata
irregolarità nello shipping document (dichiarazione VGM) potrà essere
considerata, qualora se ne verifichino le condizioni, elemento penalmente
rilevante a carico dello shipper ai sensi dell’articolo 483 del codice penale,
o nel caso di imbarco di un contenitore privo di VGM, a carico del Comandante
della nave ai sensi dell’articolo 1215 cod.nav. e a carico del terminalista ai
sensi dell’articolo 1231 cod.nav.” (Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti, n. 125/2016).
Esaminando i richiami operati
dalla circolare, riscontriamo che l’art. 1215 del cod. nav. Prevede che il
comandante della nave nazionale o straniera, il quale, fuori dei casi di
necessità sopravvenute in corso di navigazione, navighi con una nave che non si
trovi in stato di navigabilità è punito con l’arresto fino a sei mesi ovvero
con l'ammenda da euro 51,00 a euro 516,00.
La seconda norma del codice della
navigazione richiamato, l’art. 1231 cod. nav prevede invece che chiunque non
osservi una disposizione di legge o di regolamento ovvero un provvedimento
legalmente dato dall’autorità competente in materia di sicurezza della
navigazione è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con
l’arresto fino a tre mesi ovvero con l’ammenda fino a euro 206,00.
Si ricorda che ex art. 162 c.p. nelle
contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa
dell'arresto o dell'ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare,
prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una
somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda stabilita dalla legge
per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.
Di fatto quindi la contestazione
delle suddette contravvenzioni può portare alla definizione delle sanzioni col
pagamento di poche centinaia di euro (salvo la contestazione della recidiva o i
casi di particolare gravità del fatto). Viene spontaneo quindi riflettere sulla
effettiva portata dissuasiva ed efficacia delle sanzioni nazionali previste a
tutela della sicurezza del trasporto navale.
Tuttavia, ancora più perplessi
lascia la previsione della possibile imputazione allo shipper del reato previsto dall’art. 483 c.p., in forza del quale “Chiunque attesta falsamente al pubblico
ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la
verità, è punito con la reclusione fino a due anni.
Sebbene la dottrina maggioritaria
ritenga che la nozione di atto pubblico di cui al reato di falso in oggetto debba
intendersi in senso più ampio rispetto a quello civilistico, ovvero comprensivo
di tutti quei documenti che vengono redatti da pubblici ufficiali
nell'esercizio delle loro funzioni, facendovi rientrare anche gli atti
preparatori, gli atti interni d'ufficio e gli atti di corrispondenza tra
uffici, non è chiaro come lo shipping
document redatto dallo shipper con l’indicazione della Verified gross mass possa
essere qualificato come atto pubblico.
Occorre peraltro valutare che per
integrare il reato di cui all’art. 483 c.p. la falsa attestazione, orale o
iscritta che sia, deve essere resa a un pubblico ufficiale, che sta redigendo
un atto pubblico o che deve redigere tale atto per iscritto, da un soggetto che
ha il dovere giuridico di dire la verità al pubblico ufficiale, obbligo
stabilito in modo espresso ed indiscutibile dalla norma che regola l'atto
destinato a provare quella data verità.
Solo, dunque, se si considera il
comandante della nave un incaricato di pubblico servizio, laddove rediga il
piano di stabilità della nave, in veste di responsabile della sicurezza di
persone e cose , si potrebbe rintracciare una ratio nell’applicabilità
dell’art. 483 c.p. alle fattispecie in cui venga fornito dallo shipper un peso certificato non
veritiero.
Vale precisare tuttavia che tale
qualifica del comandante è difficilmente sostenibile e assai controversa.
Non solo. L’applicabilità di tale
risposta sanzionatoria di stampo penalistico ai casi in cui la pesatura
certificata possa essere errata, oltre i limiti di tolleranza, richiede la
prova da parte dell’Amministrazione di una specifica volontà dello shipper di certificare un dato che sa
essere non veritiero; è ben noto infatti che tutti i reati di falso sono fattispecie
dolose, caratterizzate, quindi da un elemento soggettivo che va al di là del
mero errore.
Se, dunque, appare poco conforme
alla prassi commerciale ipotizzare una dolosa volontà degli operatori di
alterare i dati delle pesature, occorre tenere a mente che il peso lordo è un’informazione
inserita anche nella dichiarazione di esportazione.
Il reato ipotizzato di falso in
atto pubblico, dunque, è certamente individuabile laddove il peso certificato
non corretto venga riportato sulla bolletta doganale. Come noto, infatti,
quest’ultima è una dichiarazione resa da privati, che assume i connotati
dell’atto pubblico, quando un tempo veniva timbrata e firmata dal funzionario
doganale, ed ora quando viene registrata dal sistema doganale AIDA.
In conclusione, dunque, se le
pene per le contravvenzioni a comandanti e terminalisti possono apparire inadeguate
e inefficaci rispetto al bene tutelato dalla normativa SOLAS, ossia la
sicurezza della navigazione, è bene ricordare che lo shipper, laddove coincida con il caricatore/esportatore potrà
incorrere comunque nel reato di cui all’art. 483 c.p., laddove riporti sulla
bolletta di esportazione il peso non corretto della VGM.
E di conseguenza, laddove lo shipper non coincida con il caricatore e
si avvalga della pesatura svolta da quest’ultimo, è onere ed interesse del
primo sensibilizzare l’esportatore (effettivo shipper), avvertendolo delle responsabilità personale che lo stesso
si assume qualora il dato relativo al peso della merce indicato nella VGM e
riportato nella bolletta di esportazione non sia accurato e veritiero.