L’istituzione del servizio di assistenza e rimorchio per le imbarcazioni da diporto
03/10/2016
Rubrica a cura dello Studio Legale Siccardi Bregante & C. - www.siccardibregante.it - studio@siccardibregante.it
È
attualmente all’esame del Parlamento la stesura di una disciplina ad hoc concernente la definizione di un
servizio di assistenza e rimorchio delle imbarcazioni da diporto.
La
materia in esame si inserisce nel tema più generale del soccorso in mare, la
cui regolamentazione è oggi contenuta nella Convenzione di Londra del 28 aprile
1989, ratificata dall’Italia con Legge 12 aprile 1995 n. 129, e, in via
residuale, negli artt. 489 e ss. cod. nav. Tale disciplina, in forza del rinvio
operato dall’art. 1, co. 3, del D. Lgs. 171/2005, recante il Codice della
nautica da diporto, trova applicazione anche ai casi di soccorso in mare operato
in favore delle unità da diporto. In siffatto contesto normativo, si osserva
che, allo stato, ogni volta in cui si verifichi una situazione tale da rendere
ragionevolmente prevedibile il verificarsi di un evento dannoso per una unità
da diporto, spetta al soccorritore una remunerazione per l’attività prestata in
favore dell’unità soccorsa. Tale compenso è dovuto qualora l’azione svolta
abbia determinato un risultato utile ed è quantificato, di volta in volta,
sulla base di alcuni criteri indicati – non tassativamente, secondo
l’impostazione prevalente – dall’art. 13 della Convenzione di Londra, tra i
quali si ricordano, esemplificativamente, quelli relativi al valore della nave
assistita e degli altri beni tratti in salvo, alla competenza e agli sforzi
profusi dal soccorritore al fine di prevenire o limitare i pregiudizi causati
all'ambiente, al tempo impiegato, ai costi sostenuti e alle perdite subite dai
soccorritori stessi.
Dall’esame
della proposta di legge, oggi al vaglio della IX Commissione Trasporti (Atto
Camera n. 3841, infra “PDL”), non è
consentito individuare esattamente l’effettiva portata della disciplina in
commento, la quale, auspicabilmente, dovrà essere oggetto di una più puntuale
definizione nel prosieguo dell’iter legislativo. Si propone l’istituzione di un “servizio di assistenza e rimorchio
per le imbarcazioni da diporto” al dichiarato fine di “migliorare le condizioni
di sicurezza nella navigazione in mare e nelle acque interne” (art. 1 PDL). Le
attività comprese nell’ambito del servizio di assistenza disciplinato dalla PDL
sono le seguenti: “riparazioni meccaniche, idrauliche ed elettriche; consegna
di pezzi di ricambio e forniture di bordo in genere; interventi di ausilio alla
navigazione quali disincaglio, scioglimento delle cime nelle eliche, riavvio
dei motori, ricarica delle batterie e in generale, le attività che consentano
di risolvere sul posto i problemi tecnici di varia natura che impediscono la
normale navigazione” (art. 2, co. 6, PDL). Qualora non sia possibile risolvere
sul posto il problema, la PDL precisa che “è altresì consentito il rimorchio
fino al porto più vicino” (art. 2, co. 7, PDL). Tale servizio potrà essere reso
solo da soggetti privati iscritti in un registro ad hoc, istituito e tenuto ex art. 68, co. 2, cod. nav., previa sottoscrizione di una polizza assicurativa
che copra i rischi derivanti dallo svolgimento dell’attività in commento (art.
2, co. 1, PDL). Per il rilascio della relativa autorizzazione gli operatori in
questione dovranno essere provvisti di requisiti specifici di abilitazione
professionale (indicati nell’art. 3 PDL) e dovranno munirsi di imbarcazioni
dotate di determinati requisiti previsti dalla legge (individuati dall’art. 4
PDL). In relazione all’ambito di applicazione della normativa in commento si
precisa che la stessa sarà applicabile ai servizi di assistenza e rimorchio
resi alle “imbarcazioni da diporto fino alla lunghezza di metri 24, misurata
secondo le norme armonizzate EN/ISO/DIS 8666”, con l’esclusione delle
operazioni rese in favore dei navigli commerciali e delle navi da diporto (art.
2, co, 4, PDL). Per risolvere le incertezze determinate dal sistema attuale di
determinazione del compenso spettante al salvatore, si specifica che le tariffe
massime applicate per il servizio di assistenza e rimorchio possono essere
oggetto di convenzione ovvero essere comprese all'interno dei costi di polizze
assicurative, abbonamenti, o iscrizioni, purché sia garantita la massima
trasparenza per i diportisti e gli operatori del settore (art. 5 PDL). Si
precisa inoltre che, “nel caso in cui l’imbarcazione in avaria riporti la
presenza di feriti a bordo o di pericolo per l'incolumità delle persone a
bordo, l'operatore chiamato per l'assistenza deve immediatamente contattare la
capitaneria di porto competente per territorio” (art. 2, co. 5, PDL). Sono,
infine, disciplinate le modalità di trasferimento dell’iscrizione e di cancellazione
dai registri (art. 6 PDL), la possibilità di istituzione di corsi formazione
per lo svolgimento del servizio (art. 7 PDL) e la previsione di sanzioni per
chiunque svolga il servizio in questione senza il possesso dei requisiti.
La
proposta di legge, così strutturata, presenta alcune criticità che
verosimilmente saranno oggetto di ulteriore riflessione e aggiustamenti nel
prosieguo dell’iter normativo. La
stessa delimitazione dell’ambito applicativo di tale regolamentazione pone
alcuni dubbi. Infatti, come già osservato, la normativa in commento propone di
applicarsi alle prestazioni rese in favore delle “imbarcazioni da diporto fino
alla lunghezza di metri 24 misurata secondo le norme armonizzate EN/ISO/DIS
8666” e non a quelle rese in favore di navigli commerciali o di navi da
diporto. E’ quindi legittimo domandarsi se il legislatore abbia utilizzato
l’espressione “imbarcazione” in senso tecnico (ovvero secondo la dizione
contenuta nell’art. 3, co. 1, lett. c) D. Lgs. 171/2005, che definisce
l’imbarcazione da diporto come una unità con scafo di lunghezza superiore a 10
metri e fino a 24 metri, secondo le norme armonizzate EN/ISO/DIS 8666) oppure
quale improprio sinonimo di unità da diporto. Sotto il profilo pratico
propendere per la prima soluzione significherebbe, di fatto, irragionevolmente
escludere dall’ambito di applicazione della disciplina in questione la
prestazione dei servizi di assistenza e di rimorchio resi in favore dei natanti
da diporto (ovvero, in favore delle unità a remi, o con scafo di lunghezza pari
o inferiore a 10 metri). Inoltre, la disciplina in esame appare reintrodurre,
nel nostro ordinamento, la distinzione tra le ipotesi di “assistenza” (art. 489
cod. nav.) e di “salvataggio” (art. 490 cod. nav.), unificate, in seguito
all’entrata in vigore della Convenzione di Londra del 1989, nella figura unitaria
del “soccorso”. Se così è, nella pratica, potranno concretarsi situazioni di
confine in cui risulterà incerta la disciplina applicabile. Pertanto, sarà
necessario valutare, di volta in volta, se la fattispecie possa essere
ricondotta nei casi tradizionali di “assistenza” (in presenza di una
collaborazione tra il soggetto soccorso e il soccorritore), con la conseguente applicazione
della disciplina di cui alla proposta di legge in commento, ovvero (in mancanza
della predetta collaborazione) sia riconducibile alle ipotesi storicamente
ricomprese nell’ambito del “salvataggio” (oggi “soccorso”), con la conseguente
applicazione alle attività svolte in favore dell’imbarcazione da diporto della disciplina
oggi vigente.