La “dimensione terrestre” del problema degli scarichi dei rifiuti prodotti dalle navi
06/03/2018
Il 16 gennaio scorso la Commissione Europea ha reso nota la proposta
di direttiva “COM(2018) 33” (di seguito la “Proposta di Direttiva”) “relativa agli impianti portuali di raccolta
per il conferimento dei rifiuti delle navi” (di seguito “IPR”), che vorrebbe
abrogare la direttiva 2000/59/CE e modificare le direttive 2009/16/CE e
2010/65/UE.
Attualmente all’interno dell’Unione Europea la dimensione “terrestre”
del problema degli scarichi dei rifiuti prodotti dalle navi è affrontata dalla direttiva
2000/59/CE, mentre la dimensione “marittima” è trattata dalla “Convenzione internazionale per la
prevenzione dell'inquinamento causato da navi” 1973/1978 (più semplicemente
conosciuta come “MARPOL”).
Tuttavia, secondo la Commissione Europea, a circa 17 anni dalla sua entrata
in vigore, la direttiva 2000/59/CE necessita di un incisivo adattamento ai
cambiamenti apportati alla MARPOL negli ultimi anni e all’introduzione della
direttiva 2009/16/CE in materia di Port
State Control.
L’obiettivo dichiarato della Commissione Europea, attraverso un
rinnovato quadro normativo, è quello di rafforzare il livello di protezione
dell’ambiente marino, migliorare l’efficienza delle operazioni marittime in
porto attraverso la riduzione degli oneri amministrativi, nonché contrastare il
fenomeno del c.d. “IPR shopping” che consiste
nella conservazione a bordo dei rifiuti fino a quando la nave non raggiunge un
porto con condizioni economiche di raccolta più favorevoli.
Le novità di maggior rilievo che verrebbero introdotte dalla nuova
direttiva al fine di raggiungere i suddetti scopi sono di seguito illustrate
molto brevemente.
La Proposta di Direttiva allinea, per quanto possibile, le definizioni
in essa contenute (art. 2) alla MARPOL e agli orientamenti dell’IMO. In
particolare, viene eliminata la distinzione tra rifiuti “prodotti dalle navi” e
“residui del carico” presente nella direttiva 2000/59/CE in favore di una
nozione unica, conforme alla MARPOL, di “rifiuti delle navi” che include sia i
“residui del carico”, sia i rifiuti pescati passivamente con le reti da pesca.
Rispetto al precedente regime, l’art. 4 introduce l’obbligo a carico
degli IPR, finora non previsto, di raccolta differenziata dei rifiuti. Tale
novità riveste particolare importanza se consideriamo che, ai sensi della MARPOL,
già dal 2013 le navi sono tenute a separare i rifiuti a bordo.
Inoltre, al fine di contrastare fenomeni di “IPR shopping”, l’art. 7 della Proposta di Direttiva impone al
comandante della nave l’obbligo di conferire tutti i rifiuti presenti a bordo prima
di lasciare un porto dell’Unione Europea. Tuttavia, la nave potrà procedere
verso il successivo porto di scalo senza aver conferito i rifiuti se: i) fa scalo nell'ancoraggio per meno di
24 ore o in condizioni meteorologiche avverse oppure ii) risulta la presenza di una sufficiente capacità di stoccaggio
dedicata per tutti i rifiuti che sono già stati accumulati e che saranno
accumulati nel corso del viaggio previsto della nave fino al successivo porto
di scalo, purché quest’ultimo si trovi nell’Unione Europea.
La novità più interessante (e più controversa) della Proposta di
Direttiva consiste nella revisione del sistema di tariffazione per il
conferimento dei rifiuti. Infatti, ai sensi dell’art. 8, gli oneri a carico
delle navi saranno costituiti da una c.d. tariffa “indiretta” (o sarebbe meglio
dire fissa) dovuta indipendentemente dal quantitativo di rifiuti effettivamente
conferito all’IPR e stabilita sulla base della categoria, del tipo, delle
dimensioni e del traffico a cui è adibita la nave. Essa dovrebbe coprire buona
parte dei costi sostenuti dagli IPR. Un’eventuale tariffa “diretta”, ossia
determinata in base al tipo e al quantitativo di rifiuti effettivamente
conferito, entrerà eventualmente in gioco solo per la parte dei costi sostenuti dagli IPR non coperta dalla
tariffa “indiretta”. Inoltre, diversamente dalla direttiva 2000/59/CE,
saranno soggetti al regime appena menzionato anche i pescherecci e le
imbarcazioni da diporto, indipendentemente dal numero massimo di passeggeri che
possono trasportare.
La Proposta di Direttiva prevede, altresì, un regime di esenzione
dagli obblighi in essa contenuti per le “navi
in servizio di linea con scali frequenti e regolari”, purché i) esistano accordi che garantiscono il
conferimento dei rifiuti ed il pagamento delle tariffe in un porto dell’Unione
Europea lungo la rotta della nave e ii)
tali accordi siano stati accettati da tutti i porti lungo la rotta della nave.
Infine, si segnala che il controllo circa il rispetto delle regole e
dei parametri imposti dalla Proposta di Direttiva è svolto in conformità alla
direttiva 2009/16/CE in materia di Port
State Control che, di conseguenza, viene a sua volta integrata.
La Proposta di Direttiva sopra illustrata è stata generalmente recepita
con favore dagli operatori marittimi. Tuttavia, gli art. 8 e 9 sono stati
oggetto di critiche.
In particolare, l’ESPO (European
Sea Ports Organisation) e l’ECSA (European
Community Shipowners’ Association) ritengono che il sistema di tariffazione
indiretta di cui all’art. 8: i) sia incompatibile
con il ben noto principio in materia di inquinamento “chi inquina paga”, in
quanto la tariffa è slegata dalla quantità dai rifiuti conferiti dalla nave agli
impianti portuali di raccolta; ii) sia
un incentivo per le navi a produrre più rifiuti, non risolvendo, dunque, il
problema principale alla fonte; iii) renderebbe
difficile per gli impianti portuali di raccolta effettuare previsioni sui
volumi di rifiuti ricevibili con un conseguente incremento dei costi a carico
delle Autorità Portuali che gestiscono gli impianti.
Confitarma ha espresso, invece, perplessità sull’eccessiva gravosità
delle condizioni poste per l’esenzione delle navi che svolgono servizi di linea
(art. 9), essendo tale esenzione (anche) condizionata all’accettazione, da
parte di tutti i porti scalati lungo la rotta della nave, dell’accordo stipulato
tra l’armatore e l’IPR del porto europeo in cui avviene il conferimento.