Il danno da ritardo
08/03/2017

Uno degli elementi
di maggiore criticità nella valutazione della prestazione del vettore è la
puntualità nella resa a destino della merce.
Qualora manchi o
sia incompleta la disciplina dei termini di resa, dei relativi margini di tolleranza
e delle conseguenze in caso di eventuali sforamenti (normalmente in termini di
penali), è necessario ricostruire tale disciplina su base legislativa e
giurisprudenziale.
Occorre, in primo
luogo, rinvenire le previsioni in tema di responsabilità del vettore contenute
nella disciplina internazionale uniforme.
A tale proposito, si
osserva che la Convenzione di Bruxelles del 1924 sul trasporto marittimo di
cose (anche come modificata dal Protocollo del 1968) non detta alcuna norma in
tema di responsabilità del vettore in caso di ritardo.
Nelle Regole di
Rotterdam, invece, il vettore è ritenuto responsabile per il ritardo nella riconsegna
della merce secondo le stesse regole applicabili ai danni materiali e la
definizione di ritardo è fornita dall’articolo 21, che stabilisce la
sussistenza di un ritardo qualora le merci non sono consegnate nel luogo di
destinazione previsto nel contratto di trasporto entro il termine convenuto.
La Convenzione di
Montreal del 1999 sul trasporto aereo prevede all’art. 19 la responsabilità del
vettore per ritardata consegna a meno che il vettore stesso non provi di aver
adottato tutte le misure che potevano essere ragionevolmente richieste per
impedire il danno; mancano, però, precisazioni circa le circostanze in base
alle quali tale ritardo può configurarsi.
Secondo l’art. 19
della Convenzione CMR in materia di trasporto stradale, infine, sussiste ritardo
allorché la merce non è consegnata nel termine convenuto tra le parti o, in
mancanza di pattuizione, quando la durata del trasporto, tenuto conto delle
circostanze, superi quella ragionevolmente prevedibile per un trasporto
diligente. In altri termini, in mancanza della specifica pattuizione di un
termine di resa a destino, l'accertamento della sussistenza o meno di un
ritardo deve risolversi in una questione di "ragionevolezza", nell'ambito della quale occorre tener conto
di un complesso di circostanze relative (i) alle caratteristiche della merce
(per es. se essa sia deperibile, cfr. recente sentenza C. App. Reggio Calabria
n. 373 del 28.10.2016), (ii) al mezzo di trasporto (nel trasporto aereo è
legittimo pretendere una maggiore puntualità che nel trasporto marittimo) e
(iii) alle caratteristiche del viaggio (qualora siano previsti, ad esempio,
scali intermedi o trasbordi – cfr. C. App. Genova 8 marzo 2002 in Dir. Mar.
2005, pag. 185).
Sempre nell'ambito
della Convenzione CMR, il vettore risponde del danno da ritardo secondo le
stesse regole applicabili alla responsabilità per perdita o avaria delle cose
trasportate e cioè secondo il complesso sistema di esoneri, presunzioni e
distribuzioni di oneri probatori delineato agli artt. 17 e 18.
In tema di
limitazione di responsabilità del vettore, nelle Regole di Rotterdam (art. 60) e
nella CMR (art. 23.5) la limitazione è applicata in funzione di un multiplo del
nolo; nella Convenzione di Montreal (art. 22.3) viene invece adottato il limite
pari ad un importo di 17 Diritti Speciali di Prelievo per Kg.
Resta, infine, da
determinare quale sia il danno risarcibile in caso di ritardo del quale il
vettore è responsabile.
Una prima
tipologia di danno risarcibile è costituita dal deterioramento fisico della
merce (per es. eccessiva maturazione di una partita di frutta) causato dalla notevole
durata del trasporto (in questo caso si potrebbe anche parlare, più
propriamente, di responsabilità del vettore per perdita o avaria della merce).
La seconda
categoria di danni è invece costituita dalle perdite economiche sofferte dal
destinatario a causa del ritardo nella consegna, pur in assenza di
deterioramento fisico della merce. Può trattarsi di una diminuzione di valore
della merce a causa di un calo del prezzo di mercato o anche dei danni e delle
penali che il destinatario, resosi inadempiente nei confronti dei suoi clienti,
sia costretto a pagare a questi ultimi. Con
riferimento a questa ultima categoria di danni, è necessario segnalare che un
limite generale alla loro risarcibilità è costituito, nel diritto italiano, dagli
artt. 1223 e 1225 cod. civ., in base ai quali sono risarcibili soltanto i danni
che siano conseguenza diretta e prevedibile dell'inadempimento; va precisato,
tuttavia, che la giurisprudenza italiana tende ad interpretare tali requisiti
con una certa elasticità.
Infine, una
ulteriore tipologia di danno del tutto particolare, recentemente delineata
dalla giurisprudenza, è costituita dal danno c.d. "da perdita di chance", che viene in considerazione quando la
merce oggetto di trasporto fosse destinata, ad esempio, a costituire campione
per la partecipazione ad una gara di appalto. Secondo la giurisprudenza, la
chance costituisce "una entità
patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di
autonoma valutazione" (così Cass. Civ. 4 marzo 2004, n. 4400), con la
conseguenza che la perdita di chance costituisce un danno concreto ed attuale e
come tale in linea di principio risarcibile. Tuttavia, il danno da perdita di
chance risulterà in concreto risarcibile soltanto quando, per usare le parole
della stessa Corte di Cassazione, "in
base ad un criterio di verosimiglianza sia riscontrabile l'esistenza di una
ragionevole possibilità del verificarsi del risultato favorevole”.
Nell'ambito di tale valutazione occorrerà quindi tener conto di una pluralità
di circostanze (nell'esempio menzionato prima in tema di partecipazione a gara
d'appalto, il reclamante dovrà dimostrare la sussistenza di una ragionevole
probabilità di aggiudicarsi l'appalto stesso, tenuto conto delle
caratteristiche della propria offerta, del numero e della qualità dei
concorrenti, nonché delle caratteristiche dell'offerta risultata vincente).