Dieci miliardi di surplus commerciale persi nel settore dei trasporti
13/12/2016
L'Italia butta alle ortiche per
inefficienza del settore trasporti e logistica e per la dipendenza da operatori
stranieri un quinto del surplus commerciale dell’industria. Dieci miliardi che
sono regalati a trasportatori logistici stranieri che operano al servizio
dell’economia italiana.
I recentissimi dati delle Nazioni
Unite elaborati e presentati oggi a Roma da Federagenti sono emblematici:
l’Italia regala gran parte del suo fatturato trasporti a operatori esteri. Nel
2005 esportava quasi 15 miliardi di Euro di servizi di trasporto e ne importava
21,5 miliardi. Nel 2015 le esportazioni e quindi la capacità degli operatori
italiani di penetrare altri mercati è calata a 14,5 miliardi mentre le
importazioni sono balzate a 24,3 miliardi. La forbice è, per l’appunto, di
quasi 10 miliardi.
L’Olanda, paese leader nella
logistica, ha una bilancia commerciale dei trasporti attiva per 15 miliardi. La
Germania paga un prezzo analogo al nostro con un squilibrio di 10 miliardi
nella bilancia-trasporti ma in un quadro totalmente differente che vede la
logistica generare almeno quattro volte il numero di posti di lavoro
dell’Italia.
E le cose rischiano di peggiorare
rapidamente in un mercato dei trasporti container attraversato da fenomeni dirompenti;
a fronte di una stasi del commercio mondiale via mare (+2,1% nel 2015 rispetto
all’anno precedente) le grandi aggregazioni e concentrazioni stanno rivelando
il loro reale significato: in molti casi dietro a esse si celano decisioni
dirigistiche di governi che cambiano radicalmente gli assetti concorrenziali
del mercato.
Il presidente di Federagenti, Gian
Enzo Duci ha quindi ricordato, nei trasporti terrestri, il caso della Svizzera
e di Alptransit (la rivoluzione del ferro in Europa), ma ancor di più (proprio
per i trasporti marittimi) quello della Cina che con la strategia One belt One
road, e con gli investimenti strategici punta a rafforzare quel 9,6 del Pil
(970 miliardi di dollari) che è già generato dal solo settore marittimo e
portuale. Casi che chiamano l’Italia a una riflessione profonda e strategica
sul suo futuro.
L’assemblea è stata caratterizzata da
un dibattito serrato che ha visto protagonisti, su provocazione di Federagenti,
le tre Confederazioni (Confindustria rappresentata dal presidente di Livorno
Massa Carrara, Alberto Ricci; Confetra dal presidente Nereo Marcucci; e da
Confcommercio dal vice presidente Paolo Uggè). Confederazioni - come è emerso -
comunque chiamate a dialogare e collaborare fra loro, anche al di là delle
divergenze esistenti.
L’Italia - si è detto - deve trovare
campioni, ma specialmente deve essere in grado di presentarsi come sistema a un
mercato che per l’ennesima volta - ha sottolineato ancora Duci - propone
opportunità irripetibili. E il presidente di Federagenti ha citato uno studio
presentato in questi giorni a Rotterdam, dal consulente internazionale MDS, da
cui scaturiscono eccezionali opportunità per il Mediterraneo (sino a pochi anni
fa la spedizione di un container via Trieste per il Far East costava 158 dollari
in più rispetto alla spedizione via Rotterdam; con gli assetti e le alleanze
previsti per il 2017, Trieste sarebbe
per la Baviera più conveniente di ben 380 dollari).
Le conclusioni sono state tracciate
da Ivano Russo, dirigente del Gabinetto del ministro delle Infrastrutture e dei
Trasporti. Russo ha ricordato i provvedimenti già tradotti in legge relativi
alla riforma portuale e all’adozione di misure strutturali per il rilancio e la
semplificazione del comparto logistico e portuale invitando gli operatori a
collaborare fattivamente, ha rimarcato come non esista un’ora X per
l’applicazione della riforma portuale bensì un work in progress; ciò in un
paese che sconta comunque gli effetti di aver creato un’offerta portuale a
macchia di leopardo, ad esempio favorendo la dilatazione sconsiderata
dell’offerta di terminal container.