La responsabilità dell'handler aeroportuale
17/01/2018
Rubrica a cura dello Studio Legale Siccardi Bregante & C. - www.siccardibregante.it - studio@siccardibregante.it
La recente sentenza delle
Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 20 settembre 2017 n. 21850 pronunciata
in materia di handling aeroportuale costituisce l’occasione per riconsiderare il tema
della responsabilità del c.d. handler,
cioè del soggetto incaricato dal vettore aereo dello svolgimento dei servizi di
assistenza a terra quali il deposito di bagagli e merci nelle aree aeroportuali
in attesa del trasporto e della consegna degli stessi ai destinatari.
A tal riguardo, in passato, la giurisprudenza
nazionale era sostanzialmente orientata nel senso di affermare l’autonomia
della prestazione dell’impresa esercente l’attività di handling rispetto al contratto di trasporto, così negandosi all’handler la qualifica di “ausiliario” del
vettore. Il rapporto tra vettore (stipulante) e handler (promittente) era così ricondotto nella species del contratto di deposito a beneficio
del terzo proprietario delle cose ex art.
1411 e ss c.c. Tale ricostruzione, tuttavia, presentava delle importanti
criticità. In primis, il vettore poteva
non essere ritenuto responsabile della perdita delle cose trasportate nella
fase in cui queste erano sottoposte alla custodia dell’handler negli aeroporti di partenza e di arrivo delle merci. In
altri termini, l’esecuzione del contratto di trasporto era di fatto
circoscritta entro un lasso temporale più contenuto, che aveva inizio non nel
momento in cui il mittente consegnava la merce all’handler, ma quando quest’ultimo la affidava al vettore e, in ugual
modo, cessava non quando l’handler consegnava la merce al destinatario, ma quando questa era consegnata al primo dal
vettore. In secondo luogo, la responsabilità dell’handler non era soggetta alle limitazioni stabilite, in favore del
vettore e dei suoi ausiliari, dal diritto internazionale pattizio sul trasporto
aereo in quanto il contratto stipulato dall’handler rimaneva disciplinato dalle norme di diritto comune.
Con la sentenza n. 21850/2017, le Sezioni Unite,
abbandonando l’anzidetta ricostruzione interpretativa, hanno riconosciuto al
soggetto che svolge funzione di handling la veste di “ausiliario” del vettore aereo. L'attività svolta dall’impresa
esercente il servizio di handling è
stata ricondotta, come attività accessoria, nella complessiva prestazione che
forma oggetto del contratto di trasporto, la quale non si esaurisce nel mero
trasferimento delle cose ma comprende anche la fase ad esso antecedente
(allorché l'handler riceve la merce
dal mittente in funzione della consegna al vettore, nell'aeroporto di partenza)
e la fase ad esso successiva (ricevendo la merce dal vettore in funzione della
messa a disposizione del destinatario, nell'aeroporto di arrivo).
Tale mutato orientamento giurisprudenziale ha comportato
significative conseguenze. Innanzitutto, nell'ipotesi di perdita o avaria delle
cose trasportate durante l’affidamento delle stesse all'handler, il vettore e l’handler rispondono in solido verso il proprietario della merce. Tuttavia, mentre il
vettore risponde nei confronti dell’interessato in via contrattuale per fatto
del proprio ausiliario ex art. 1228
c.c., l’handler risponde nei
confronti del mittente/destinatario in via extracontrattuale ex art. 2043 c.c., atteso che tra mittente/destinatario
e handler non sussiste alcun rapporto
contrattuale.
Inoltre l’handler, seppure citato in
via extracontrattuale, ha diritto di beneficiare, quale ausiliario
del vettore aereo, delle limitazioni di responsabilità previste dalla
Convenzione di Montreal del 1999 sul trasporto aereo internazionale (artt. 22 e
30), così escludendosi che possa restare esposto a un risarcimento integrale
nei confronti del destinatario, ad eccezione dell’ipotesi in cui il danno
alle cose sia stato causato con dolo o colpa cosciente dell’handler o dei suoi preposti.
La tesi avallata
dalle Sezioni Unite trova complessivamente riscontro nel sistema sovranazionale
e nostro interno.
Infatti, da un
lato, tale interpretazione è coerente con la giurisprudenza elaborata negli
altri Stati che hanno aderito alle convenzioni internazionali sul trasporto
aereo e, dall’altro, ha riallineato l’orientamento giurisprudenziale
nazionale con il dato normativo e, in particolare, con il testo dell’art. 953
cod. nav., il quale prevede che “il
vettore è responsabile delle cose consegnategli per il trasporto fino al
momento della riconsegna al destinatario, anche se prima della riconsegna le
cose siano affidate, o nell’interesse del vettore per esigenze della
scaricazione o per ottemperare a un regolamento aeroportuale, a un operatore di
assistenza a terra o ad altro ausiliario”.
Nel campo del trasporto marittimo analoga questione
si è posta con riferimento al regime della responsabilità dell’operatore
terminalista nei confronti dell’avente diritto al carico. Anche in tale
contesto l’interpretazione maggioritaria ritiene che l’azione dell’interessato al
carico nei confronti dell’operatore terminalista debba qualificarsi in termini
extracontrattuali, individuando il terminalista quale ausiliario del vettore o,
quantomeno, di contraente indipendente da quest’ultimo incaricato in vista del
risultato della riconsegna della merce al destinatario. Tuttavia,
parallelamente, si è registrato un altro orientamento, che ha inquadrato la
richiesta risarcitoria inoltrata da parte dei soggetti terzi aventi diritto
alle merci nei confronti del terminalista nel genus della responsabilità contrattuale, qualificando il rapporto tra
vettore (stipulante) e operatore terminalista (promittente) come contratto a
favore di terzo. Nella prassi, tuttavia, il problema è spesso risolto con
l’inserimento della c.d. Himalaya Clause nelle
polizze di carico, in modo tale da estendere la disciplina incorporata dalla
polizza stessa all’attività di quei soggetti di cui si avvale il vettore
marittimo nell’ambito del contratto di trasporto, con la conseguenza che anche
l’operatore terminalista, salvo casi particolari, potrà avvalersi dei limiti di
responsabilità previsti dalla disciplina applicabile alla polizza di carico.