L’ambiente marino e la nuova Direttiva Europea sui reati ambientali
31/05/2024
Rubrica a cura dello Studio Legale Siccardi Bregante & C. - www.siccardibregante.it - studio@siccardibregante.it
Da pochissimi giorni (20 maggio
scorso) è entrata in vigore la recente Direttiva (UE) n. 2024/1203 dell’11
aprile 2024 sulla tutela penale dell’ambiente, la quale sostituisce le
precedenti Direttive comunitarie nn. 2008/99/EC e 2009/123/EC.
L’obiettivo generale perseguito dal
legislatore europeo è quello di rafforzare la tutela dell’ambiente mediante
l’irrigidimento di norme incriminanti e sanzioni penali relative alle attività che
costituiscono violazioni più gravi della legislazione ambientale comunitaria e
mettono seriamente in pericolo gli ecosistemi.
Le direttive sono atti destinati
agli Stati membri ai quali viene richiesto di emanare, entro un certo termine,
atti normativi interni di contenuto analogo a quello della Direttiva (atti
cosiddetti “di recepimento”); in Italia, normalmente, ciò avviene attraverso lo
strumento del Decreto Legislativo, che ha rango di “legge” a tutti gli effetti.
Nel caso di specie, gli Stati dell’Unione
hanno due anni di tempo (fino al 21 maggio 2026) per introdurre i precetti
della Direttiva nei rispettivi ordinamenti: poiché la Direttiva introduce, peraltro,
un pacchetto di “norme minime”, come espressamente specificato dall’art.
1, viene fatta salva la possibilità per gli Stati Membri di adottare norme più
stringenti (Considerando n. 12) o prevedere ulteriori fattispecie di reato
(art. 3, par. 5), nel corso del processo normativo di adozione della Direttiva
medesima.
L’ambito di applicazione della
Direttiva – territorialmente limitato alle condotte penalmente rilevanti poste
in essere all’interno del territorio dell’Unione Europea, fatta salva la
facoltà per gli Stati Membri di estendere la loro giurisdizione a reati
commessi al di fuori del proprio territorio - è ora più ampio rispetto alla
precedente normativa. A mero titolo esemplificativo, sono oggi incluse la
diffusione di specie esotiche invasive [art. 3, par. 2 lett. r)] e la
demolizione navale illegale [art. 3, par. 2 lett. h)], ossia quelle attività di
riciclaggio di navi che violano i requisiti di cui all’art. 6, par. 2, lett a)
del Regolamento (UE) n. 1257/2013 in quanto svolte presso cantieri non inclusi
nella Lista di cui all’art. 16 dello stesso Regolamento.
Altre fattispecie penalmente
rilevanti sono previste dall’art. 3, par. 2 lett. a) – ossia lo scarico, l’emissione
o l’immissione, nell’aria/suolo/acque, di materie o sostanze che provochino o
possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone ovvero possano arrecare
danni rilevanti alla qualità dell’aria, del suolo o delle acque, a un
ecosistema, alla fauna o alla flora.
Altre “nuove” fattispecie sono sostanzialmente
due: (i) quella -della “spedizione” di rifiuti ex art. 2, punto 26, del
Regolamento (UE) 2024/1157 relativo alle pratiche di traffico transfrontaliero
di rifiuti e sostanze pericolose o inquinanti, sempre che tale condotta si
riferisca a una quantità non trascurabile e (ii) quella di scarico di sostanze
inquinanti dalle navi che provoca o è probabile che provochi un deterioramento
della qualità dell’acqua o danni all’ambiente marino [art. 3, par. 2 lett. i)].
Per quanto riguarda l’“animus” di
colui che pone in essere le condotte sanzionate, la Direttiva richiede
normalmente l’intenzionalità, cioè il cd. dolo, mentre la semplice colpa, in
forma però di “grave negligenza”, è sufficiente ex art. 3, par. 3 a
configurare delitti quali, per esempio, lo scarico di sostanze in grado di
provocare la morte o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti all’ambiente
di cui alla lett. a) del par. 2 dell’art. 3 citato sopra.
La Direttiva non fornisce una definizione
di “grave negligenza” e, infatti, il suo Considerando n. 27 rimanda alla
legislazione interna di ciascuno Stato Membro ma avendo comunque riguardo alla
“pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia”.
Come previsto, ad esempio, anche
nel Codice Penale Italiano, non rilevano solo le condotte attive (“azione”) bensì
anche quelle passive (“omissione”) di inosservanza di un obbligo di agire qualora
tale omissione causi gli stessi effetti negativi sull’ambiente e sulla salute
umana di una condotta attiva.
Circa il sistema sanzionatorio, la
Direttiva, all’art. 5, dopo aver stabilito che le pene detentive risultino “effettive,
dissuasive e proporzionate”, prevede le sanzioni, anche detentive,
comminabili alle persone fisiche, mentre gli articoli 6 e 7 si dedicano alle
ipotesi di responsabilità penale delle persone giuridiche. Nondimeno, la
Direttiva prevede anche un sistema di circostanze aggravanti (art. 8) ed
attenuanti (art. 9).
Si deve infine sottolineare che non
sono soggetti alle sanzioni previste dalla Direttiva gli Stati o le istituzioni
pubbliche che esercitano i pubblici poteri o le organizzazioni internazionali
pubbliche, come espressamente affermato nel Considerando n. 12 e nell’art. 2
della stessa.