Obblighi degli Stati aderenti alla UNCLOS alla luce della crisi climatica
01/08/2024
Rubrica a cura dello Studio Legale Siccardi Bregante & C. - www.siccardibregante.it - studio@siccardibregante.it
Con
parere consultivo n. 31 del 21 maggio 2024, il Tribunale Internazionale del
Diritto del Mare ("TIDM") si è pronunciato per la prima volta sugli
obblighi degli Stati aderenti alla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto
del Mare del 1982 (“UNCLOS”) in materia di cambiamento climatico legato agli
ecosistemi marini.
Il
parere, in gergo definito “advisory opinion”, è stato reso all’unanimità
in risposta alla richiesta presentata il 12 dicembre 2022 dalla COSIS, una
commissione di nove piccoli Stati insulari dei Caraibi e del Pacifico
attualmente minacciati dall’innalzamento del livello del mare dovuto all’emergenza
climatica, che ha espresso la necessità di ottenere un parere che definisse gli
obblighi degli Stati aderenti derivanti dal diritto internazionale per la
protezione dell’ambiente marino dai danni dell’emergenza climatica.
Il
TIDM è un organo giudiziario indipendente delle Nazioni Unite, con sede ad
Amburgo, istituito dalla UNCLOS nel 1982. Composto da 21 giudici indipendenti,
eletti per 9 anni, e da camere speciali che si occupano di particolari
categorie di controversie (ad esempio, la Camera per le controversie sui
fondali marini), il Tribunale ha la funzione di giudicare controversie
internazionali in ambito di diritto marittimo.
Inoltre,
il Tribunale è titolare di una funzione consultiva, attraverso la pubblicazione
di pareri su questioni giuridiche relative all’interpretazione della UNCLOS e
alla conformità di eventuali accordi internazionali con questa.
Il
12 dicembre 2022, il Tribunale è stato quindi chiamato a pronunciarsi sul tema
del contrasto al cambiamento climatico e la riduzione delle emissioni di gas
serra a protezione degli oceani. Il parere reso dal Tribunale si basa sui
report dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), un
istituto internazionale sorto nel 1988 in seno all’Organizzazione Meteorologica
Mondiale (WMO) e al Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP), col
fine di analizzare cause, implicazioni e rimedi del cambiamento climatico.
Tra
i principali fattori di rischio messi in evidenza rientrano l’innalzamento del
livello del mare, l’aumento delle ondate di calore marine, la deossigenazione e
l’acidificazione delle acque.
Il
parere esplicita gli obblighi normativi imposti dalla UNCLOS agli Stati
aderenti su due versanti. Da una parte, prende in esame il tema della
prevenzione e riduzione dell’inquinamento marino; dall’altra, si occupa di
definire le misure di protezione a tutela degli ecosistemi dei nostri mari.
Per
la prima volta, il Tribunale ha esplicitamente incluso le emissioni
antropogeniche di gas a effetto serra entro la definizione di “inquinamento
dell’ambiente marino”, ai sensi dell’art. 1.1.4 della UNCLOS, nonché entro
quelle di “inquinamento da attività terrestri”, “inquinamento da navi”
e “inquinamento da o attraverso l’atmosfera” di cui rispettivamente agli
artt. 207, 211 e 212 della UNCLOS. Di conseguenza, gli obblighi per gli Stati
previsti da tali articoli diventano operativi anche in riferimento
all’inquinamento da emissioni di gas a effetto serra. Alla luce di ciò, ad
esempio, una nuova lettura estensiva dell’art. 194, par. 1 e 2 della UNCLOS
permette ora di affermare che gli Stati hanno l’obbligo di adottare tutte le
misure necessarie a prevenire, ridurre e monitorare l’inquinamento da emissioni,
nonché a prevenire i danni da inquinamento e la diffusione di inquinamento da
incidenti in ambito transfrontaliero. Allo stesso modo, il seguente par. 5
sancisce l’obbligo di protezione e conservazione degli ecosistemi fragili e
degli habitat di specie a rischio di estinzione. Inoltre, ai sensi dell’art.
192 della UNCLOS è previsto che gli Stati debbano implementare azioni di
resilienza e adattamento sulla scorta delle disposizioni dei trattati sul
cambiamento climatico.
In
sostanza, dal parere del Tribunale si individuano almeno quindici obblighi per
gli Stati aderenti, la cui base giuridica risiede proprio nei citati articoli
dell’UNCLOS. Tra questi, i più rilevanti sono la previsione di uno standard di due
diligence particolarmente rigoroso che gli Stati aderenti dovranno
esercitare in relazione alle politiche di riduzione delle emissioni di gas
serra; l’applicazione del principio di precauzione nella gestione dei rischi
ambientali; gli obblighi di monitoraggio, controllo e valutazione, i quali
dovranno essere continui e basati su un approccio ecosistemico.
Il
parere recentemente pubblicato rappresenta un punto di svolta nella gestione
dell’emergenza climatica, con la fondazione di un “nuovo” diritto
internazionale: per la prima volta, il Tribunale si pronuncia sugli obblighi
degli Stati in base alla UNCLOS, fondando un vero e proprio nuovo diritto
internazionale. Ciò si traduce, ad esempio, nell’obbligo per ciascuno Stato
aderente di adottare una normativa ad hoc sulla valutazione dell’impatto
ambientale, che consideri le ripercussioni specifiche e cumulative delle
attività svolte sull’ambiente marino. Le condotte degli Stati dovranno essere
modulate alla luce di un esame di diversi fattori rilevanti, quali la miglior
scienza disponibile, le regole e gli standard internazionali, i mezzi e le
capacità disponibili.
Più
in generale, si può osservare come, sempre più frequentemente, i tribunali
nazionali e internazionali sono chiamati a definire i contorni degli obblighi
degli Stati nel processo di lotta al cambiamento climatico. In linea generale,
dal 2017 al 2022, il numero di controversie in materia è passato da 884 a 2.180
all’anno.
Con
l’emissione del parere da parte del Tribunale, si conferma una linea di azione omnicomprensiva,
che coinvolge diversi strumenti di diritto internazionale. Ormai lontana
dall’essere una questione riservata ai soli trattati sulla materia, l’emergenza
climatica coinvolge sempre di più diversi settori del diritto, definendo un
approccio interconnesso e volto al superamento della frammentazione del diritto
internazionale.