La “personalizzazione” del danno morale: la lavoratrice a bordo nel momento del naufragio
27/01/2023
Rubrica a cura dello Studio Legale Siccardi Bregante & C. - www.siccardibregante.it - studio@siccardibregante.it
La “personalizzazione”
del danno morale: il caso di una lavoratrice che si trovava a bordo nave al
momento del naufragio
La recente sentenza n. 35499 della Cassazione civile, Sezione
lavoro, del 02.12.2022 ha confermato la legittimità della decisione dei giudici
della Corte d’Appello di Genova (sentenza n. 331 del 25.10.2018), i quali
avevano riconosciuto e liquidato il danno non patrimoniale, nelle sue componenti
di danno biologico e morale, ad una lavoratrice che si trovava a bordo di una
nota nave da crociera naufragata nel 2012. La Sentenza in esame, riferendosi
anche ad altre decisioni della stessa Corte emesse in relazione al medesimo evento
(cfr. Cassazione 31358, 31367, 31583 e 35015 del 2021), consolida gli
importanti principi espressi dalle Sentenze n. 26972 e 26975 dell’11.11.2008
delle Sezioni Unite della Cassazione applicandoli al trasporto marittimo di
persone, nello specifico ad un danno patito da un membro dell’equipaggio.
Il danno non patrimoniale (art. 2059 c.c.), ossia la lesione
dell’interesse a ottenere o a conservare beni non patrimoniali (ad es. la
salute o l’incolumità fisica), reca al suo interno due componenti: il danno
biologico, ovvero la lesione del bene “salute” che incide negativamente sulle
attività quotidiane del danneggiato e che sia suscettibile di accertamento
medico-legale, e il danno morale, inteso come sofferenza interiore patita dal
danneggiato in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute (ad
esempio il dolore dell’animo, la vergogna, la paura e la disperazione). È
necessario ricordare che le Sezioni Unite della Cassazione avevano posto in
rilievo il carattere unitario e onnicomprensivo del danno non patrimoniale: l’unitarietà
del danno non patrimoniale porta a farvi ricomprendere qualsiasi lesione
rilevante di un diritto costituzionalmente protetto, mentre la sua natura
onnicomprensiva comporta per il Giudice di tener conto di tutte le conseguenze
derivate dall’evento di danno, con l’evidente obiettivo di evitare duplicazioni
risarcitorie, attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici. Peraltro, tutte
le diverse voci di danno possono venire in rilievo in sede di adeguamento del
risarcimento al caso specifico, attraverso il meccanismo della cd. “personalizzazione”.
In buona sostanza, una volta che il Giudice ha individuato in termini monetari
il danno risarcibile attraverso l’uso delle Tabelle (nel caso di specie, quelle
di Milano) potrà valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione,
specifiche circostanze di fatto provate dal danneggiato che valgano a superare
le conseguenze ordinarie già previste e compensate dalla liquidazione
assicurata dalle Tabelle, da queste ultime distinguendosi essendo legate
all’irripetibile singolarità della fattispecie concreta.
In particolare, nel caso oggetto di analisi sia il Tribunale che
la Corte di Appello della medesima città avevano liquidato il danno morale
collegato alle lesioni subite dalla lavoratrice facendo ricorso alla
personalizzazione del danno biologico, riconoscendo alla danneggiata la somma
di circa 20.000 Euro oltre al rimborso delle spese mediche. La ricorrente, tuttavia,
ritenendo insufficiente il risarcimento complessivamente riconosciuto, ricorreva
in Cassazione contestando la violazione e la falsa applicazione degli articoli
1223, 1226, 2056 e 2059 del Codice Civile sostenendo che la liquidazione del
danno non tenesse conto del pregiudizio subito dalla lavoratrice, esterno al
danno non patrimoniale, connesso alla diminuzione dell’integrità psico-fisica e
rappresentato dal protratto timore per la sopravvivenza durante il
coinvolgimento nel naufragio.
Per il Giudice di legittimità, tuttavia, le Corti genovesi si
sono attenute ai principi espressi dalle Sezioni Unite della Cassazione
liquidando il danno morale quale autonoma voce di danno non patrimoniale e
quantificandolo, in via equitativa, attraverso la massima personalizzazione
prevista dalle Tabelle milanesi. La Cassazione chiarisce, inoltre, che la
valutazione equitativa del danno effettuata tramite le Tabelle, in quanto
inevitabilmente approssimativa, è suscettibile di censure in sede di
legittimità: ad esempio, sotto il profilo del vizio di motivazione, se difetta o
si discosta sensibilmente dai dati della comune esperienza, oppure se è fondata
su criteri incongrui rispetto al caso concreto o radicalmente contraddittori,
ovvero se l’esito dell’applicazione risulti particolarmente sproporzionato.
Tali vizi però, non sono stati ravvisati nella Sentenza d’Appello della Corte
genovese, dove anzi viene esplicitato l’iter logico, il criterio di
liquidazione adottato e viene giudicata adeguata la massima personalizzazione
applicata al risarcimento del danno morale sofferto, giungendo così al
riconoscimento di una somma (circa 20.000 Euro) non irrisoria e non avulsa dai
canoni. Pertanto, le censure mosse dalla ricorrente si rivelano infondate, là
dove presuppongono il mancato riconoscimento del danno morale e inammissibili
nella parte in cui mirano a criticare la misura della liquidazione: il ricorso
della lavoratrice è stato dunque rigettato.